I principi fondanti

Liberaldemocrazia: è questo oggi il nostro progetto

di Francesco Nucara

In una dichiarazione del dicembre del 1963, rilasciata al cinegiornale CIAC, Ugo La Malfa sosteneva a proposito della programmazione: "Da questo punto di vista c’è un progresso rispetto allo stesso primo governo di centro-sinistra, il governo Fanfani. Per quel governo il principio della programmazione economica era un punto da conseguire, fra tanti contrasti e tante polemiche. Col nuovo governo Moro il principio della programmazione economica è un serio punto di partenza, sul quale è fondato tutto il programma di governo…".

Ho inteso citare questa lunga e datata dichiarazione per poter affermare, di qui a poco, che i principi fondanti del repubblicanesimo hanno intrinseci valori, che se pur adattabili con il passare del tempo, rimangono alla base del nostro modo di essere che mai si erode.

Nel "partito della modernità", come ama chiamare il PRI l’amico Alessandro Cecchi Paone, dobbiamo calare quei principi che appartengono alla nostra storia "che sempre si rinnova".

Vorrei rivolgermi soprattutto a quegli amici repubblicani che con garbata veemenza hanno contestato il congresso a tesi tenutosi recentemente a Roma. Il Congresso a tesi, peraltro votato all’unanimità, come la programmazione economica nel pensiero lamalfiano, doveva essere un punto centrale di un cambiamento radicale di rotta nella politica del Partito Repubblicano. Non una parte di un progetto ma "il" progetto repubblicano per l’avvenire: il progetto liberaldemocratico che dovrà essere punto di riferimento di una borghesia illuminata e delle forze intellettuali e sociali più attente ai problemi complessivi del Paese.

Qualche amico che per anni, quasi ai margini del PRI, si è battuto per questo progetto, invece di essere soddisfatto ce lo ritroviamo contestatore di questa nuova politica.

A leggere le due mozioni congressuali non si intravvedono differenze sostanziali. Si può pensare, e forse giustamente, che sia un problema di guida di un progetto politico, di scarsa o totale mancanza di fiducia in chi, malgrado tutto, ha tenuto in vita con circolazione extra-corporea il nostro Partito!

Si può pensare tutto e il contrario di tutto. Per noi è tutto lecito. Non ci si può ergere a censori se i firmatari di una mozione che si titola "Terzo Polo" attuano nei fatti alleanze politiche che nulla hanno a che vedere con questa nuova realtà, che stava per nascere ma è abortita nel grembo di chi voleva partorirla.

Non ci sono alternative al progetto liberaldemocratico, il quale non può nascere perché due o più persone, capaci o meno capaci, si riuniscono per lanciare una nuova idea. La gestazione sarà lunga e abbisogna di grande impiego culturale, politico ed organizzativo. Su questo il partito ha bisogno di un impegno corale. Noi ci siamo spesi per un progetto impegnativo, per far finire la diaspora repubblicana, e non possiamo che essere felici e soddisfatti dell’accertato repubblicanesimo di Luciana Sbarbati e Peppino Ossorio, per dire di nomi più noti al nostro mondo, se pur accompagnati da tantissimi altri.

Dispiace che dirigenti del PRI, che nel passato si sono spesi con convinzione per questo risultato, oggi negano il loro impegno sostenendo addirittura il contrario. Pensavamo che Tafazzi fosse un patrimonio della sinistra. Constatiamo che anche nel PRI ha fatto importanti proseliti.

Ricordo le tanti riunioni al Centro Congressi Cavour, ad una delle quali ho partecipato su invito di Savoldi e Arsena, e ricordo gli insulti rivolti dal tavolo della presidenza all’allora presidente del PRI da un personaggio, il cui nome è davvero impronunciabile (vero Savoldi?) e il cui sport preferito è quello di denigrare i repubblicani.

Nessuno, tranne il sottoscritto, pronunciò una parola di solidarietà nei confronti di chi oggi, e non allora, viene difeso a spada tratta.

Quando si parla delle persone, e non delle cose, significa soltanto che non si ha niente di significativo da dire. Noi continueremo a considerare amici repubblicani i nostri contestatori, non solo come dovere ma anche con sentimento.

Contestino però il progetto liberaldemocratico, se non lo condividono, e collaborino se invece sono convinti della sua bontà.

Il PRI non è fatto di isole più o meno felici. La politica repubblicana è sempre stata, e dovrà esserlo per il futuro, un progetto corale. E’ per questo che siamo sopravvissuti allo tsunami che ha investito la politica italiana e siamo rimasti i soli tra i partiti che hanno fatto l’Italia e la Repubblica.

Dovunque mi troverò, anche da semplice iscritto, mi batterò per il mio Partito la cui storia mi commuove ancora, malgrado l’età non più giovane.

Amici repubblicani, coltivate nei vostri pensieri l’amore secolare che tanti altri che ci hanno preceduto hanno nutrito per una società più equa, più giusta e soprattutto più libera.

E che il Dio mazziniano ci assista!